Culture and Codes08.10.25

 Il presente chiede l’imperfetto

DOPO ANNI DI PERFEZIONISMO, LA GRAMMATICA CULTURALE DI OGGI SBAGLIA APPOSTA TUTTE LE REGOLE.

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Perfezione / che / noia. Se si potesse riassumere in tre parole la cultura del momento, probabilmente sarebbero queste. Dallo stile homeless chic che ridefinisce il concetto di look informale all’aumento dell’interesse per i contenuti social #dayinthelife come rimedio alla FOMO di vite patinate, l’ossessione per la skincare coreana resta forse l’ultimo baluardo di un’estetica che la società contemporanea non ha più voglia di rincorrere. Dal fashion all’architettura, dal design al settore beauty, il coro è unanime: la perfezione non ci seduce più.

FORSE TUTTO È INIZIATO CON LE GREAT RESIGNATION

Cosa c’entra il declino post-pandemico del numero di impiegati americani, poi diventato fenomeno globale, con l’impellente voglia di uscire il sabato sera vestiti come Adam Sandler all’ultima cerimonia degli Oscar? Una domanda legittima. Ammesso il mio intento provocatorio, vi risponderò che c’entra come c’entra sempre il crollo di un mito sullo sfatamento di tutti gli altri. 

C’è un doppio filo a legare l’ormai solida convinzione che il vero traguardo di carriera sia essere CEO del proprio tempo libero con le ultime stagioni Moda, segnate prima da norm e gorpcore e poi dal discusso clochard style. Quello su cui si regge l’idea che la vita, in ogni suo aspetto, non può più essere costruita in virtù di standard e traguardi – spesso irraggiungibili – dettati da altri. 

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È una linea che cancella l’iper-performatività da ogni industry e ci libera tutti. Chiaramente, e volutamente, imprecisa.

LA CULTURA DI OGGI HA UN NOME: PRECISION FATIGUE

Sul suo blog “The Aesthetic Protocol”, Marjorie Hernandez ha coniato un termine ironicamente perfetto per parlare del codice culturale che governa questa stagione: the precision fatigue (la fatica della precisione). In un mondo sempre più plasmato dagli algoritmi, dove ogni superficie struttura tende alla simmetria, ogni frase alla chiarezza grammaticale e ogni immagine alla risoluzione impeccabile – scrive l’architetta specializzata nell’intersezione tra cultura, design e tecnologia Web3 – lo spirito inizia a desiderare l’imperfezione, non come nostalgia ma come una nuova forma di lusso umano. È quel che i giapponesi chiamano wabi-sabi: la bellezza di ciò che è crepato, incompleto, transitorio. Una filosofia che sta diventando una vera tendenza nell’interior, nell’arte e nell’architettura occidentale – con un ritorno a materiali e sfumature naturali, forme organiche o astratte che rifuggono la simmetria e pezzi di design che mostrano con orgoglio i segni del tempo.

Di meraviglia imperfetta si nutre dunque il nostro tempo. E allora come si spiega la scalata inarrestabile della korean beauty nel mondo, con un aumento del mercato globale previsto fino a 31,8 miliardi di dollari entro il 2033? Un tasso di crescita dell’8,97% nel periodo 2025-2033 non è molto wabi-sabi, direte voi. La risposta, come sempre, va cercata guardando oltre la superficie di un pimple patch a forma di stellina. Perché ciò che promettono i dieci step della skincare coreana è un approccio preventivo alla cura della pelle che evita di dover applicare strati su strati di makeup per mascherarne la vera texture. La sveglia posticipata ringrazia. Nessuna eccezione, dunque. Solo quella “Perfect Imperfection” che Jersey Lomellina ha definito con due anni di anticipo come filo narrativo del suo Stylebook 2026, esplorando sfumature di colore, influenze della natura e reminiscenze del passato alla scoperta della bellezza nascosta nelle imperfezioni. Lo stesso obiettivo che ha animato la fotografia di quest’anno, confermato dalla prima tendenza inserita nel Photography In Design Trend Report di Stills: “momenti reali, crudi, senza filtri”.

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“Non sottovalutate mai il senso di autenticità del pubblico: è sempre in grado di capire quando qualcosa sembra artificiale o falso.”

SI SBAGLI CHI PUÒ: I DIFETTI CREANO FIDUCIA

Ironia della sorte, o forse tutto all’opposto, proprio ora che l’Intelligenza Artificiale ci propina continuamente modelli di irreale bellezza, la società riscopre un bisogno di autenticità tanto atavico quanto insaziabile. C’è da dire che questa rinnovata tensione al vero chiama in causa un fenomeno psicologico preciso, il Pratfall Effect, secondo cui siamo maggiormente attratti da persone, prodotti e brand che mostrano difetti innocui. Non ci sembra forse più simpatica la vicina con i gerani sempre fioriti quando commette un piccolo errore, come mettere troppo zucchero nella torta? Alcuni marchi ne sono a conoscenza e sfruttano già i meccanismi della nostra mente a loro favore. A tutti gli altri è richiesto di prendere nota e abbracciare la loro umanità per allinearsi alla nostra, guadagnandoci pure in brand loyalty.

Tutto nuovo, nulla di nuovo. Se nello scorso episodio di questo camerino virtuale parlavamo di come salvarci dall’inesorabile dematerializzazione della realtà ad opera delle nuove tecnologie, non stupisce rendersi conto che stiamo tutti partecipando a una strenua forma di resistenza. E che anche voi, più o meno consciamente, state scrivendo come me una nuova grammatica culturale. Sbagliando apposta tutte le regole, coniugando il tempo presente all’imperfetto.

 

Fonti:

www.instagram.com/p/DQl8YOSDAHA/
theaestheticprotocol.substack.com/p/the-precision-fatigue-on-the-beauty
www.staedtler.com/it/it/scopri/wabi-sabi
www.imarcgroup.com/k-beauty-products-market
campaigns.stills.com/trend-report
https://www.moo.com/blog/branding/imperfect-design 

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